DOMANDE ILLEGALI AI COLLOQUI DI LAVORO
- L’Avvocato del Lavoro commenta:
A quali domande imbarazzanti avete dovuto rispondere durante un colloquio di lavoro? E a quali non eravate tenuti a rispondere?
-risponde l’Avvocato del Lavoro.
Cari lettori, l’Avvocato del Lavoro di Torino e quello di Milano, in questo articolo analizza un tema molto interesse ed attuale, estrapolato da un inciso del Corriere della Sera di Milano, il quale riguarda principalmente le donne lavoratrici: domande imbarazzanti, per non dire sgradevoli, nelle quali ci si imbatte durante un colloquio di lavoro.
L’Avvocato del Lavoro in questo articolo analizzerà varie tipologie di quesiti a cui le diverse normative prestano particolare tutela e garanzia, allorquando un candidato si appresi a svolgere un colloquio di lavoro.
In primo luogo, si ritiene utile sottolineare come molto spesso capiti che alcuni addetti al reclutamento del personale, i c.d. recruiter, i quali nella maggior parte dei casi non sono veri e propri professionisti nell’ambito delle risorse umane, nel corso di una selezione di personale arrivino a toccare aspetti che esulano dalla conoscenza professionale del candidato.
In particolare, in tali sedi si toccano aspetti della vita privata, quali ad esempio i rapporti familiari o le condizioni di salute, fino all’orientamento politico e religione praticata. Tali questioni, come ben noto, nulla hanno a che vedere con i requisiti richiesti per coprire uno specifico ruolo ma che entrano, senza apparente correlazione, nella sfera personale del candidato.
L’Avvocato del Lavoro di Milano/Torino chiarisce che alcuni di questi quesiti non sono solo fuori luogo ma persino fuori legge, dal momento in cui queste violano normative vigenti, come il Codice delle pari opportunità o lo Statuto del Lavoratori; pertanto di seguito alcuni esempi di cui sopra:
L’Articolo 27 del decreto legislativo 198 del 2006, c.d. “Codice delle pari opportunità fra uomo e donna”, vietata espressamente qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, sull’orientamento sessuale, sullo stato matrimoniale, di famiglia o di gravidanza della persona intervistata, indipendentemente dalle modalità di assunzione, dal settore di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché le indagini inerenti alla famiglia d’origine, come la richiesta di informazioni in merito alla professione svolta dai propri genitori
Parimenti, le domande relative alla situazione sentimentale e famigliare del candidato nonché i suoi rapporti personali, non sono in alcun modo tollerate dalla legge.
Continuando nell’analisi delle varie normative poste a tutela del candidato il Decreto Legislativo 276 del 2003 protegge lo stesso da domande relative al suo stato di salute, pertanto è da considerarsi illecito chiedere se si ha qualche disabilità, fatta eccezione per gli appartenenti alle categorie protette che devono dichiarare tale condizione sul proprio curriculum vitae. Solo in questa ultima ipotesi, le indagini sul tipo di disabilità sono permesse per assistere queste categorie di lavoratori nella ricerca del lavoro o nell’inserimento di un’azienda.
L’Articolo 10 del decreto legislativo 276 del 2003 LINK 3 in attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, rafforza ulteriormente il divieto di indagine sulle opinioni personali del candidato per evitare di incorrere in trattamenti discriminatori.
Agenzie per il lavoro e, in generale, soggetti a cui è affidato il ruolo della selezione di risorse umano non possono dunque porre domande su eventuali controversie con superiori antecedenti, a meno che informazioni di questo tipo non costituiscano un requisito essenziale e ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa.
Vuoi saperne di più e scoprire se anche tu hai la possibilità di richiedere il risarcimento del danno provocato dal “recruiter” che in sede di colloqui di lavoro ha posto domande poco attinenti al ruolo vacante? Rivolgiti ad un nostro Avvocato del Lavoro di Milano o Torino!
