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TRASFERIMENTO DI RAMO D’AZIENDA

- L’Avvocato del Lavoro commenta:

Nei casi di trasferimento di ramo di azienda, i lavoratori sono alla mercè dei datori di lavoro o godono di particolari diritti?

-risponde l’Avvocato del Lavoro.

Cari lettori, l’Avvocato del Lavoro di Milano/Torino in questo articolo analizza un tema molto delicato che riguarda il trasferimento di ramo di azienda.

L’Avvocato del Lavoro preliminarmente chiarisce che il trasferimento di azienda o di un ramo della stessa è diventato uno strumento molto importante ed altresì molto utilizzato dalle imprese che intendono attuare processi di ristrutturazione nonché esternalizzazione, ovvero diminuire il personale di azienda in esubero anziché avviare le drastiche procedure di licenziamento.

Precisato questo particolare, preme all’Avvocato del Lavoro specificare che si ha cessione di azienda o trasferimento d’azienda quando, in seguito a operazioni quali compravendita, affitto o usufrutto, cambia la titolarità della azienda medesima. Pertanto, la cessione può riguardare l’intera azienda o parte di essa e, in questo caso, si parla di trasferimento di azienda.

Il Codice Civile prevede espressamente il “mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda”, intendendo per trasferimento di azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di una attività economica organizzata.

Tale operazione è ammissibile solo se la parte di azienda che si intende trasferire è funzionalmente autonoma al momento della cessione o trasferimento identificata come tale o dal cedente o dal cessionario al momento del trasferimento.

L’Avvocato del Lavoro di Milano sottolinea che l’individuazione del ramo di azienda legittimamente trasferibile è un tema controverso nonostante le ultime tendenze giurisprudenziali abbiano trovato delle interpretazioni costanti al riguardo.

Come ribadito, quando vi è cessione di azienda (o di un ramo di essa) cambia il titolare dell’attività e cambia il datore di lavoro senza la necessità o l’obbligo di ottenere il consenso dei lavoratori interessati. La legge, dunque, tutela i lavoratori con diverse disposizioni specifiche, prevedendo che:

  • Il rapporto di lavoro non si estingue, ma continua con il nuovo titolare dell’azienda (quindi può trovare luogo un licenziamento e la succesiva riassunzione, ma solo passaggio diretto);

  • Il lavoratore conserva tutti i diritti che aveva precedentemente con il vecchio datore, retributivi, economici, previdenziali e di altra natura purché compatibili con il nuovo assetto contrattuale / organizzativo;

  • Il lavoratore può chiedere al nuovo datore di lavoro il pagamento dei crediti da lavoro che aveva maturato al momento del trasferimento;

  • Il nuovo datore di lavoro è pertanto obbligato in solido con il vecchio titolare per la soddisfazione di tali crediti;

  • Nel caso di stipulazione di un contratto d’appalto tra azienda d’origine e ramo trasferito, il lavoratore dipendente di quest’ultimo può agire in giudizio direttamente nei confronti dell’azienda di origine per obbligarla al pagamento dei debiti che questa ha contratto con il ramo trasferito;

  • Il nuovo titolare deve continuare ad applicare il contratto collettivo nazionale, in vigore al momento del trasferimento. Se il nuovo datore applica il Ccnl di tipo diverso si dovrebbe procedere all’operazione di “armonizzazione” relativamente ai lavoratori interessati;

  • La cessione o il trasferimento d’azienda non può costituire un valido motivo di licenziamento.

Pertanto, se la cessione si verifica in imprese che occupano più di 15 dipendenti, l’Avvocato del Lavoro di Milano precisa che è obbligatorio per il datore di lavoro avvertire con comunicazione scritta, almeno 25 giorni prima, le rappresentanze sindacali. Tali ultime, dovranno, a loro volta avviare procedure di verifica in funzione della tutela dei lavoratori, per evitare che il mancato rispetto della normativa possa eludere altri istituti contrattuali e di legge, come le norme sullo Statuto dei lavoratori, collocamento dei disabili etc.

Da ultimo, per quanto riguarda il TFR, nell’ipotesi di cessione di azienda o di ramo della stessa, la Cassazione ha ribadito che la natura della retribuzione differisce dal quella del TFR, sostenendo altresì che in caso di cessione di ramo di azienda, il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo ex dipendente, il cui rapporto prosegue con il datore di lavoro cessionario, per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di rapporto con lui svolto e calcolato fino alla data del trasferimento d’azienda. Viceversa, il datore di lavoro cessionario è obbligato per questa stessa quota soltanto in ragione e nei limiti del vincolo di solidarietà previsto dalla legge. Infine quest’ultimo, come datore di lavoro cessionario, è l’unico obbligato al trattamento di fine rapporto per la quota maturata nel periodo del rapporto intercorso dopo il trasferimento di azienda.

Vuoi saperne di più e scoprire se il trasferimento è leggitimo? Rivolgiti ad un nostro Avvocato del Lavoro di Milano o Torino!

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