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FALSE PRESENZE/ASSENZE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: QUALI CONSEGUENZE ?

- L’Avvocato del Lavoro commenta:

I c.d. “furbetti” dipendenti delle P.A. a cosa vanno incontro se colti ad attestare falsamente la presenza in servizio o abbiano giustificato la propria assenza mediante certificazione medica falsa?

-risponde l’Avvocato del Lavoro.

Cari lettori, l’Avvocato del Lavoro di Milano e l’Avvocato del Lavoro di Torino in questo articolo analizzano un tema purtroppo assai ricorrente nelle più importanti testate giornalistiche: i c.d. ”furbetti“ delle P.A e il conseguente licenziamento.

Prima di arrivare al cuore dell’argomento, l’Avvocato del Lavoro preliminarmente specifica che è entrato in vigore il Decreto Legislativo in materia di licenziamento disciplinare dei dipendenti pubblici che accelera il procedimento per il licenziamento disciplinare per coloro che sono stati colti ad attestare falsamente la presenza in servizio o che abbiano giustificato la propria assenza mediante una certificazione medica falsa.

Più precisamente, il 13 luglio 2016 è entrato in vigore il decreto legislativo recante la revisione delle norme del Testo Unico in materia di licenziamento disciplinare di questi dipendenti. Tale norma accelera il procedimento per il licenziamento disciplinare dei dipendenti pubblici colti ad attestare falsamente la presenza in servizio o che abbiano giustificato la propria assenza mediante una certificazione medica falsa.

Tale provvedimento è caratterizzato da tre linee principali:

  1. gli aspetti procedimentali di questa “nuova” tipologia di iter disciplinare;

  2. l’articolazione delle conseguenze dell’illecito avanti alla Corte dei conti (responsabilità erariale e per danno all’immagine della PA);

  3. la qualificazione più stringente della responsabilità dirigenziale in ordine al controllo del proprio personale e all’avvio del procedimento disciplinare.

Il nuovo decreto legislativo, inoltre, chiarisce che:

“Costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta”.

Il decreto introduce la prima vera novità prevedendo una specifica misura cautelare per i casi di accertamento in flagranza ovvero in “flagranza differita”; ovvero, la falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza “ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze”, determina l’immediata sospensione cautelare senza stipendio del dipendente, fatto salvo il diritto alla percezione di un “assegno alimentare” nella misura stabilita dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti (assegno introdotto a seguito del parere delle Commissioni parlamentari), “senza obbligo di preventiva audizione dell’interessato”.

L’immediatezza del provvedimento è tradotta nell’obbligo del responsabile dell’ufficio in cui lavora il dipendente colto in flagrante (o il responsabile dell’ufficio per i procedimenti disciplinari ove questi lo accerti per primo) di disporre la sospensione con provvedimento da assumersi entro 48 ore dal momento in cui ne viene a conoscenza.

Dunque, il testo in vigore dispone che, nell’ambito dello stesso provvedimento che dispone la sospensione cautelare, si procede alla contestuale contestazione scritta dell’addebito disciplinare ed alla convocazione del dipendente dinanzi all’Ufficio per i procedimenti disciplinari, concedendogli a tal fine un preavviso di 15 giorni, per l’instaurazione del contraddittorio a sua difesa.

Entro il medesimo termine fissato per l’audizione, il dipendente può inviare una memoria scritta o, “in caso di grave, oggettivo e assoluto impedimento”, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa per un periodo non superiore a 5 giorni. La norma prevede che il differimento possa essere concesso per una sola volta nel corso del procedimento.

Ricevuta la memoria del dipendente o, comunque, scaduto il termine per il suo invio, l’Ufficio “conclude il procedimento entro 30 giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell’addebito”.

Anche in questo caso, la norma specifica che il mancato rispetto di tale ultimo termine non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità della sanzione irrogata, a condizione che “non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e non sia superato il termine per la conclusione del procedimento di cui all’articolo 55-bis, comma 4”, ossia 120 giorni. Quanto sopra, ferma e ribadita l’eventuale responsabilità del dipendente (dirigente) al quale sia imputabile il mancato rispetto del termine.

Sempre ai sensi del nuovo decreto legislativo, l’Avvocato del lavoro di Milano e l’Avvocato del lavoro di Torino specificano che entro 15 giorni dall’avvio del procedimento disciplinare, ovverosia dalla adozione della sospensione cautelare, si deve procedere alla denuncia del dipendente al pubblico ministero ed alla sua segnalazione alla procura regionale della Corte dei Conti competente.

Si ritiene che l’adempimento sia da porsi in capo al medesimo soggetto che dispone l’avvio del procedimento disciplinare.

Il decreto, altresì, pone tempi stringenti anche alla Corte dei Conti, disponendo che, ove ne ricorrano i presupposti, la Procura regionale emette invito a dedurre per danno d’immagine entro 3 mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento, mentre, l’azione di responsabilità è esercitata entro i 120 giorni successivi alla denuncia, senza possibilità proroga.

Quanto all’importo della sanzione pecuniaria, il decreto dispone che l’ammontare della condanna erariale è rimesso alla valutazione equitativa del giudice “anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione”, fermo restando che, in caso di condanna, essa non potrà essere inferiore a 6 mensilità dell’ultimo stipendio in godimento (quindi comprensivo di ogni “voce” e non solo della retribuzione tabellare), oltre interessi e spese di giustizia.

Per i dirigenti che abbiano acquisito conoscenza della condotta fraudolenta o, negli enti privi di qualifica dirigenziale, per i responsabili di servizio competenti, l’omessa attivazione del procedimento disciplinare e l’omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare, senza giustificato motivo, costituiscono illecito disciplinare punibile con il licenziamento.

La norma dispone, inoltre, che di tale omissione è data notizia, da parte dell’ufficio competente per il procedimento disciplinare, all’Autorità giudiziaria ai fini dell’accertamento della sussistenza di “eventuali reati”.

Peraltro, in tema di liceità, l’Avvocato del Lavoro chiarisce che, dell’utilizzo di impianti audiovisivi e strumenti di controllo, la recente modifica dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori ad opera del D.Lgs. 151/2015 ha riformulato i presupposti, affiancando alle “esigenze organizzative, tecniche e produttive” le esigenze relative alla “sicurezza sul lavoro e tutela del patrimonio aziendale”.

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PAROLE CHIAVE:

Avvocato del Lavoro Torino, Pubblica Amministrazione, Licenziamento Disciplinare per Dipendenti P.A., Falsa Attestazione delle Presenza in Servizio, Certificazione Medica Falsa.

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