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PRESCRIZIONE DEI CREDITI DI LAVORO e LA DECORRENZA DEL TERMINE

- L’Avvocato del Lavoro commenta:

Quanto tempo ha il lavoratore per riscuotere i suoi crediti di lavoro?

-risponde l’Avvocato del Lavoro.

Cari lettori, l’Avvocato del Lavoro di Milano e l’Avvocato del Lavoro di Torino in questo articolo analizzano un tema abbastanza frequente che riguarda la prescrizione dei crediti di lavoro e la decorrenza del termine commentando una recente pronuncia del Tribunale di Milano n. 10803/2015.

L’Avvocato del Lavoro di Milano preliminarmente chiarisce che il lavoratore che vanta dei crediti nei confronti del datore di lavoro, dalla retribuzione al TFR, dalle voci retributive fisse e variabili, all’omesso versamento dei contributi, ha un lasso di tempo per far valere i propri diritti. La prescrizione nei vari casi può essere di 5 o 10 anni, ma in alcuni casi anche di un anno, come nel caso della busta paga sbagliata. Ed anche la decorrenza può essere in costanza di rapporto, se c’è tutela reale dell’art. 18.

Dopo l’entrata in vigore della L. 28 giugno 2012, n. 92 (cd. «Legge Fornero») che ha innovato sensibilmente la cd. «tutela reale» ex art. 18 Statuto dei Lavoratori, anche a fronte di un licenziamento illegittimo, la tutela offerta al lavoratore resta solo di tipo indennitario, senza possibilità di reintegrazione, in modo analogo a quanto tradizionalmente previsto nel regime cd. di «tutela obbligatoria». Si deve pertanto ritenere che dopo tale riforma i lavoratori pur dipendenti da azienda sottoposta all’art. 18 Statuto potessero incorrere, qualora avessero fatto valere le loro ragioni in corso di rapporto, nel timore di un recesso, a fronte della diminuita resistenza della propria stabilità. Conseguentemente, alla luce degli arresti giurisprudenziali in materia, anche in tali rapporti di lavoro la prescrizione rimane sospesa dall’entrata in vigore della L. n. 92/2012 fino alla cessazione del rapporto medesimo.

Analizziamo tutti gli aspetti:

Il lavoratore che intenda tutelare i propri diritti e riscuotere i crediti che ha maturato (trattamento di fine rapporto (TFR), retribuzioni delle buste paga, risarcimento per omesso versamento dei contributi, ecc. per non incappare nella prescrizione del diritto e nella conseguente perdita del diritto agli stessi, è tenuto ad agire entro determinati termini individuati dalla legge.

La prescrizione dei diritti è prevista dal codice civile. L’art. 2934 c.c. tratta l’estinzione dei diritti: “Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge. Non sono soggetti alla prescrizione i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge”.

La prescrizione, quindi nel mondo del lavoro il trascorrere dei giorni che possono portare il lavoratore alla perdita del diritto al pagamento di quanto non riscosso, secondo quanto disposto dall’art. 2935 del codice civile (per tutti i diritti non solo i crediti di lavoro) “comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.

La prescrizione quinquennale, decennale e presuntiva di uno o tre anni

Il lavoratore che vanta un credito di lavoro per effetto della prestazione lavorativa resa nei confronti del datore di lavoro, ha diverse tempistiche a disposizione per far valere il proprio diritto. Le forme prescrizionali previste sono sostanzialmente tre:

  1. quella ordinaria decennale;

  2. quella breve quinquennale (estintiva);

  3. quella presuntiva.

  4. La prescrizione di 10 anni: In assenza di elementi normativi specifici, un’ampia giurisprudenza, ha riconosciuto un termine di prescrizione ordinario di 10 anni nei seguenti casi nel mondo del lavoro:

  • per far valere diritti relativi al passaggio di qualifica;

  • per ottenere il risarcimento del danno contrattuale compreso il danno per omesso versamento contributivo totale o parziale;

  • per le erogazioni una tantum;

  • per il diritto all'accertamento della natura subordinata del rapporto nonché il diritto al riconoscimento del rapporto a tempo indeterminato e non a termine.

La prescrizione decennale dell'indennità sostitutiva per ferie non godute e mancati riposi settimanali. La Cassazione considera il termine di prescrizione di 10 anni, quindi ordinario, per chiedere il pagamento dell'indennità sostitutiva per ferie non godute e dell'indennità sostitutiva per riposi settimanali non goduti. Il diritto rivendicato, essendo direttamente correlato a un inadempimento contrattuale del datore di lavoro, ha natura squisitamente risarcitoria. E non retributiva.

  1. La prescrizione breve di 5 anni: sempre in materia di crediti da lavoro il legislatore ha accordato a tutela del lavoratore ex art. 2948 c.c. una prescrizione estintiva di 5 anni per tutti quei crediti che abbiano una natura di carattere retributivo caratterizzati da una certa periodicità. Si tratta dunque allo stipendio mensile, quindicinale, settimanale.La prescrizione estintiva di 5 anni opera anche per le indennità di fine rapporto (trattamento di fine rapporto TFR, indennità di buonuscita o TFS), e per tutte le altre indennità spettanti per la cessazione del rapporto, come l'indennità sostitutiva del preavviso. La prescrizione di 5 anni opera anche per i crediti scaturenti da differenze retributive riconosciute per la qualifica superiore (quindi le differenze retributive).

  1. La prescrizione presuntiva di 1 anno o 3 anni: va altresì precisato che esiste anche nell'ambito dei crediti da retribuzione una prescrizione così detta presuntiva che si basa appunto sulla presunzione dell'estinzione del credito da lavoro una volta che sia trascorso un determinato periodo di tempo, nello specifico:

  • un anno per le retribuzioni pagate con cadenza non superiore al mese;

  • tre anni per le retribuzioni corrisposte con cadenza superiore al mese.

Le retribuzioni con cadenza non superiore al mese sono le retribuzioni indicate normalmente nella busta paga. Si fa riferimento soprattutto agli eventuali errori di calcolo della stessa. Le retribuzioni con cadenza superiore al mese sono ad esempio la tredicesima mensilità, la quattordicesima e le altre retribuzioni aggiuntive. Sono altresì compresi i premi annuali, le festività, e in alcuni casi le indennità sostitutive.

Va comunque ricordato che ci troviamo pur sempre dinanzi ad una presunzione legale suscettibile di sovversione in sede di giudizio, in cui l'onere della prova svolge un ruolo molto importante.

La Cassazione si è pronunciata più volte sul tema della prescrizione presuntiva. Mentre il debitore, eccipiente, è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge (quindi che il credito del lavoratore è prescritto), il creditore (quindi il lavoratore) ha l'onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito (mancati pagamenti), e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell'ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l'obbligazione non è stata estinta. E l'indagine sul contenuto delle dichiarazioni della parte (o del suo comportamento processuale), al fine di stabilire se importino o meno ammissione della non avvenuta estinzione del debito agli effetti dell'articolo 2959 del codice civile, dà luogo ad un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato sulle ragioni all'uopo adottate dal giudice del merito in quanto confacenti e coerenti.

La decorrenza della prescrizione

Come abbiamo sin qui evidenziato, la prescrizione determina la perdita di un diritto se questo non esercitato entro un determinato periodo di tempo, a tal fine è di fondamentale importanza capire il momento in cui questo tempo breve o lungo che sia comincia a decorrere. Abbiamo già citato l’art. 2935 del codice civile che tratta appunto la decorrenza della prescrizione “dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”.

A tal proposito la Corte Costituzionale ha più volte ribadito con un’ampia giurisprudenza in materia l'illegittimità degli art. 2948 comma 4, art. 2955 comma 2 e 2956 comma 1 del codice civile, limitatamente alla parte in cui consentono il decorso della prescrizione al diritto della retribuzione durante il rapporto di lavoro. La consulta sostiene, attraverso un’interpretazione estensiva dell'ultimo comma dell'articolo 36 della Carta Costituzionale (“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”), che al pari del diritto alle ferie ed al riposo settimanale il lavoratore non possa rinunciare alla propria retribuzione.

Pertanto i termini di prescrizione per far valere il diritto alla retribuzione non possono farsi decorrere durante il rapporto di lavoro, ma solo a seguito di cessazione dello stesso. La Corte, infatti, ha ritenuto che il lavoratore, per paura di essere licenziato, potrebbe essere indotto a non esercitare il proprio diritto, così che qualora la prescrizione si facesse decorrere durante il periodo di lavoro, produrrebbe l'effetto che l'art. 36 ha inteso precludere evitando per l'appunto qualsiasi tipo di rinuncia da parte del lavoratore.

Su tali premesse la Corte Costituzionale ha, dunque, differito al momento della cessazione del rapporto sia la prescrizione estintiva sia quella presuntiva.

Va precisato che soltanto i crediti retributivi che godono di garanzia costituzionale decorreranno quindi dalla cessazione del rapporto, tutti gli altri diritti del lavoratore di natura non retributiva, o non avente il carattere della periodicità infrannuale, e comunque non riconducibili nell'alveo dell'art. 36 della Costituzione, quali ad esempio il diritto alla qualifica superiore o il diritto al risarcimento del danni ex art- 2116 del codice civile per omesso versamento dei contributi previdenziali, potranno estinguersi per prescrizione in costanza di rapporto di lavoro subordinato. Ma bisogna fare attenzione alla tutela reale dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, di cui parleremo in seguito.

La prescrizione nelle collaborazioni con contratto a progetto o per i lavoratori autonomi. In ultimo va evidenziato, che quanto fin qui riconosciuto dalla Corte Costituzionale, in tema di deferimento del momento iniziale e del differenziato regime circa il differimento dell'inizio del calcolo dei termini di decadenza e di prescrizione alla cessazione del rapporto di lavoro, non trova applicazione per il lavoro parasubordinato ed autonomo non godendo quest'ultimi della tutela di cui all'art 36 della costituzione.

Vuoi saperne di più e scoprire tutta la disciplina relativa alla prescrizione dei crediti di lavoro? Rivolgiti ad un nostro Avvocato del Lavoro di Milano o Torino!

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