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Cassazione: il tempo divisa agli infermieri va retribuito

- L’Avvocato del Lavoro commenta:

Il tempo che gli infermieri impiegano per indossare e togliere la divisa deve essere retribuito?

-risponde l’Avvocato del Lavoro.

Cari lettori, l’Avvocato del Lavoro di Milano e Torino in questo articolo analizza una tematica molto importante che riguarda il tempo che gli infermieri utilizzano per indossare e dismettere la divisa alla luce di una recentissima pronuncia da parte della Corte Costituzionale (sentenza n. 17635/2019) la quale ha definitivo il contenzioso annale sorto tra alcuni infermieri di una nota ASL abruzzese e l’Ente stesso.

Procediamo per gradi, analizzando, anzitutto, la vicenda.

La domanda dei lavoratori era stata accolta dai giudici di merito, secondo i quali per gli infermieri indossare e dismettere la divisa di lavoro (camice e mascherina protettiva) rappresenta un'attività obbligatoria, accessoria e propedeutica alla prestazione di lavoro.

La Corte territoriale sottolineava che tale attività è dovuta per intuibili ragioni di igiene e, pertanto necessita di essere effettuata negli stessi ambienti dell'Azienda e non ovviamente da casa, prima dell'entrata e dopo l'uscita dai relativi reparti, rispettivamente, prima e dopo i relativi turni di lavoro.

Tale conclusione veniva confermata dalla Cassazione che respingeva il ricorso proposto dall'ASL. Gli Ermellini, infatti, in continuità con altri precedenti specifici (cfr. Cass. n. 3901/2019; Cass. n. 12935/2018; Cass. n. 27799/2017) rammentano che le attività di vestizione/svestizione attengono a comportamenti integrativi della obbligazione principale e funzionali al corretto espletamento dei doveri di diligenza preparatoria.

Trattasi di attività che, secondo la Cassazione, non sono svolte nell'interesse dell'Azienda, bensì dell'igiene pubblica e, come tali, esse devono ritenersi implicitamente autorizzate da parte dell'Azienda stessa.

Inoltre, per il lavoro all'interno delle strutture sanitarie, anche nel silenzio della contrattazione collettiva integrativa, il tempo di vestizione e svestizione dà diritto alla retribuzione, essendo tale obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto.

Tali affermazioni non contrastano con il principio secondo cui, nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo necessario a indossare l'abbigliamento di servizio (tempo-tuta) costituisce tempo di lavoro soltanto ove qualificato da eterodirezione, in difetto della quale l'attività di vestizione rientra nella diligenza preparatoria inclusa nell'obbligazione principale del lavoratore e non dà titolo ad autonomo corrispettivo (cfr. Cass., SS.UU., sent. n. 11828/2013).

L'orientamento più recente, infatti, pone l'accento sulla funzione assegnata all'abbigliamento, nel senso che l'eterodirezione può derivare dall'esplicita disciplina d'impresa, ma anche risultare implicitamente dalla natura degli indumenti, quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un criterio di normalità sociale dell'abbigliamento, o dalla specifica funzione che devono assolvere e così dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto.

Pur con definizioni non sempre coincidenti, conclude la Cassazione, l'orientamento della giurisprudenza di legittimità è, dunque, saldamente ancorato al riconoscimento dell'attività di vestizione/svestizione degli infermieri come rientrante nell'orario di lavoro e da retribuire autonomamente, qualora sia stata effettuata prima dell'inizio e dopo la fine del turno.

Una soluzione in linea anche con la giurisprudenza comunitaria in tema di orario di lavoro di cui alla Direttiva n. 2003/88/CE.

Neppure sui principi esposti incidono le censure svolte dall'ASL sotto il profilo del difetto di prova dell'esistenza di puntuali disposizioni dell'Azienda (Regolamento disciplinante l'orario di lavoro, specifiche disposizioni di servizio).

Ciò che rileva, spiega la Corte, è unicamente che le attività preparatorie di cui trattasi siano state svolte all'interno dell'orario di lavoro (e come tali retribuite) o piuttosto, come accertato dalla sentenza impugnata, in aggiunta e al di fuori dell'orario del turno, dovendo in tal caso essere autonomamente retribuite.

Vuoi saperne di più e scoprire se hai tu hai il diritto di essere retribuito per il tempo utile al cambio di vestiti? Rivolgiti ad un nostro Avvocato del Lavoro di Milano o Torino!

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