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CORONAVIRUS E SMART WORKING

– L’Avvocato del Lavoro commenta:

E’ possibile un’applicazione automatica del “lavoro agile”? Come ci si deve tutelare se il datore di lavoro nega lo smart working?

  • Risponde l’Avvocato del Lavoro.

Cari lettori, l’Avvocato del Lavoro di Milano e l’Avvocato del Lavoro di Torino in questo articolo analizzano una tematica che sta coinvolgendo la maggior parte delle aziende delle aree coinvolte: lo smart working indotto dall’emergenza Coronavirus.

Il COVID-19 ha causato una forte accelerata al cd. smart working, con la previsione del "lavoro agile" nel decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 25 febbraio 2020 (Link 2) recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza nei territori interessati dal contagio.

DEFINIZIONE DI SMART WORKING

Preliminarmente occorre accennare brevemente a che sia lo smart working. Introdotto dall’art. 18 del cd. Jobs Act del lavoro autonomo (Legge 81 del 2017), il “lavoro agile” è una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa – e non un autonomo contratto di lavoro – che permette di svolgere la stessa, anche parzialmente, al di fuori dei locali dell’azienda. I dipendenti possono liberamente adempiere alla propria attività lavorativa attraverso tale modalità, sempreché sia previsto dal contratto di lavoro sottoscritto, non potendo essere imposta in alcun modo dal datore di lavoro.

Le modalità di svolgimento del lavoro agile devono essere concordate tra le parti mediante apposito accordo, anche come clausola dell’originario contratto di lavoro, in cui vanno disciplinate le forme di esercizio del potere direttivo dei superiori e le misure tecniche ed organizzative che assicurino al lavoratore il diritto alla disconnessione (diritto a non rispondere ad e-mail o telefonate di lavoro al termine dell’orario lavorativo). Queste devono sempre assicurare che lo smart working sia svolto nel rispetto dei limiti dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, con la definizione dei tempi di riposo del lavoratore.

L'Osservatorio del Politecnico di Milano riferisce che sono circa 570mila i lavoratori che prediligono tale modalità di lavoro agile, con circa 2 giornate al mese previste di default, che aumentano per le aziende che lo hanno introdotto da più tempo.

LAVORO AGILE ANCHE SENZA PREVENTIVO ACCORDO SCRITTO

Diverso, però, è il caso che ci sta riguardando nelle ultime settimane: il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 25 febbraio 2020 ha sancito l’applicazione automatica dello smart working nelle regioni considerate a rischio, così da diminuire le possibilità di contagio nei luoghi di normale svolgimento della prestazione lavorativa.

L’art. 3 sancisce che «la modalità di lavoro agile (…) è applicabile in via provvisoria, fino al 15 marzo 2020, per i datori di lavoro aventi sede legale o operativa elle Regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria, e per i lavoratori ivi residenti o domiciliati che svolgano attività lavorativa fuori da tali territori, a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti».

Pertanto, nelle suddette regioni, sarà possibile per il datore di lavoro indurre i dipendenti a lavorare “da casa” anche in assenza di preventivo accordo, stante il particolare rilievo della tutela della salute pubblica a rischio con l’emergenza Coronavirus.

ASSENZA DAL LUOGO DI LAVORO

Nonostante tale previsione di applicazione automatica dello smart working, l’assenza del lavoratore che sceglie autonomamente di isolarsi pur non avendo sintomi palesi di contagio non è ammessa.

La decisione di adottare una quarantena “volontaria” è certamente un comportamento di oggettiva prudenza rispondente alle prescrizioni della normativa d’urgenza ed è disciplinato come per le astensioni dalla prestazione lavorativa obbligatorie, ma sempre e quando sia giustificato da un contatto intervenuto tra il lavoratore e persone positive al tampone rilevante il Coronavirus.

Assolutamente ingiustificato, invece, è il mero timore del contagio: in tal caso si realizza l’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, situazione da cui possono scaturire provvedimenti disciplinari, che possono portare anche al licenziamento per giusta causa e ciò anche qualora si lavori nelle zone considerate a rischio ed il datore di lavoro non abbia previsto la possibilità per i dipendenti di svolgere l‘attività in smart working.

Vuoi saperne di più e scoprire nel dettaglio quale comportamento assumere in riferimento all’emergenza da Coronavirus?? Rivolgiti ad un nostro Avvocato del Lavoro di Milano o Torino!

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