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PROCESSO DEL LAVORO (Parte 3)

Il rapporto di lavoro in materia agraria

Cari lettori, l’Avvocato del Lavoro di Milano e di Torino in questo articolo prosegue nell’analisi del processo del lavoro, in particolare in questo articolo, l’Avvocato tratterà il rapporto di lavoro in materia agraria.

L'art. 409, comma 1, n. 2 c.p.c. specifica che il rito del lavoro si applica anche ai rapporti agrari associativi (ad es. la colonia parziaria e la mezzadria) e alle ipotesi di controversie relative ai contratti di affitto al coltivatore diretto.

Non si applica la procedura di cui in oggetto nel caso in cui il contratto sia stipulato con un imprenditore agricolo, non anche coltivatore diretto. In tutte queste ipotesi si applica il rito del lavoro, ma la competenza a conoscere le cause è attribuita alle Sezioni specializzate istituite presso ogni Tribunale. L'organo giudiziario è di tipo collegiale e formato da tre giudici togati e due laici ossia meri esperti del settore. La predetta competenza è stata confermata anche dall'art. 47 della Legge n. 203/82 (Norme sui contratti agrari).

La legge 203 contiene anche alcune disposizioni relative in generale alla risoluzione delle controversie agrarie, disposizioni che vanno coordinate con il rito del lavoro così come espresso nel codice di procedura civile. Innanzitutto l'art. 46 definisce nel dettaglio le modalità di proposizione della domanda giudiziale. Nelle controversie relative ai contratti agrari il proponente ha facoltà oggi (dopo la riforma introdotta dalla Legge n. 183/2010) di dare preventiva comunicazione dell'intento di voler procedere con il deposito della domanda, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, sia alla controparte che all'Ispettorato provinciale dell'agricoltura competente per territorio. Dinanzi a quest'ultimo è prevista la convocazione delle parti per tentare una conciliazione che deve essere comunque documentata in un processo verbale con precisazione della posizione assunta dalle parti. Se il tentativo suddetto non si perfeziona entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione, allora ciascuna parte deve ritenersi libera di adire l'autorità giudiziaria.

Dalla entrata in vigore della riforma del 2010 deve ritenersi che il decorso dei sessanta giorni non costituisca più una condizione di proponibilità della domanda giudiziale. L'eventuale mancanza, pertanto non genera più un vizio processuale rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, salvo emanazione della sentenza definitiva. La domanda giudiziale a cui si riferisce l'art. 46 della Legge n. 203/82 è solo quella di cognizione ordinaria. Sono escluse le domande relative alla richiesta di provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c., le domande cautelari e possessorie.

Per quanto riguarda la competenza delle Sezioni specializzate, questa, oltre ad interessare le cause sui contratti di affitto, non riguarda, invece, le domande di affrancazione delle enfiteusi rustiche e rapporti a questa assimilati, i quali restano di competenza del giudice ordinario a norma dell'art. 9, comma 2, Legge n. 29/90 che modifica la precedente Legge n. 203/82.

Restano, invece, alla competenza delle Sezioni specializzate agrarie le questioni di prelazione e riscatto sempre in attinenza ai contratti d'affitto. Si ritiene, inoltre, che sulla competenza delle Sezioni specializzate debbano decidere le Sezioni stesse.

Vuoi saperne di più e approfondire la disciplina relativa al lavoro agrario? Rivolgiti ad un nostro Avvocato del Lavoro di Milano o Torino!


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